Smart Working in Mercomm: racconto di un lockdown
La fase uno, iniziata prima della metà di marzo, è durata circa 54 giorni, ossia più di 1320 ore.
Una mattina ci siamo svegliati, una telefonata via Skype e la nostra giornata lavorativa si è trasformata. Da fine febbraio, il team di Mercomm si è tuffato nella sfida dello smart working, uscendone più forte di prima.
Solita sveglia alla solita ora ma diverso ufficio, diversa postazione di lavoro. In una sola notte, la grande scrivania dell’ufficio si è trasformata nel tavolo del salotto, nella scrivania di casa, nel divano.
Questo nuovo ufficio alcuni di noi lo hanno vissuto da soli, altri con il proprio fidanzato, altri ancora con una banda scalmanata di bambini. Ecco giunto lo smart working.
Shannon Vandenheuvel / Unsplash
Il nostro lavoro è improvvisamente diventato uno smart working
Ed ecco che ci siamo trovati a convertire in digitale tutte le nostre abitudini da ufficio. Dal controllare dal vivo una bozza alla pausa caffè, ora diventata la foto della tazzina accanto al pc condivisa tra colleghi in una chat oberata di messaggi, tra richieste di preventivo e video di clienti.
In poco tempo, quegli strumenti digitali che fino a quel momento avevamo utilizzato insieme alla comunicazione verbale diretta, si sono rivelati fondamentali.
Strumenti fortunatamente già conosciuti, che ora sono diventati indispensabili per gestire la nostra comunicazione interna nello smart working.
I programmi di comunicazione condivisa hanno sostituito il:
“Guarda qui, ho scritto l’articolo per Aster, che ne pensi?”
facendolo diventare un
“Hai visto la nuova scheda in bacheca? Chi aggiungiamo alla chat Ferfrigor?”.
Poi c’è la grande sfida di Conta-Accessi, che si è aggiunta ai lavori ordinari. Il servizio di contapersone per gli eventi che si è trasformato per venire incontro alle esigenze dettate dal Covid-19. Uno dei nostri progetti che ci sta dando molte soddisfazioni, a partire dalla vendita al comune di Bari con l’ausilio della Protezione Civile e dei Carabinieri.